Assegno bancario – Responsabilità della banca negoziatrice nell’identificazione del portatore del titolo – Natura contrattuale – Esibizione di carta di identità – Sufficienza – Condizioni – Spedizione dell’assegno per posta ordinaria – concorrenza di colpa del mittente
Cassazione – prima sezione civile – relatore Valentino – ordinanza n. 38110 del 29/12/2022
“Questa Corte nelle Sezioni Unite ha, più volte, ribadito che la responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione dell’art. 43 della c.d. legge assegni, l’incasso di un assegno munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione (obbligo preesistente, specifico e volontariamente assunto), operante nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso (Cass., S.U., n. 14712/2007; Cass., S.U.,n.12477/2018). Ai sensi dell’art. 43, comma 2, r.d. n. 1736 del 1933 (c.d. legge assegni), la banca negoziatrice chiamata a rispondere del danno derivato – per errore nell’identificazione del legittimo portatore del titolo – dal pagamento dell’assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola non trasferibilità a persona diversa dall’effettivo beneficiario, è ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176, comma 2, c.c. (ex multis Cass., n. 12477/2018; Cass., n. 13969/2022). È, pertanto, erronea l’affermazione, da parte del giudice del merito, che la banca è in ogni caso responsabile ex art. 43, comma 2, l.a., e ciò a prescindere dall’elemento della colpa nella identificazione del prenditore che ha incassato abusivamente il titolo (Cass., n. 3649/2021). Nel caso di pagamento di assegno di traenza non trasferibile in favore di soggetto non legittimato, va esclusa la responsabilità della banca negoziatrice che abbia dimostrato di aver identificato il prenditore del titolo mediante il controllo del documento di identità non scaduto e privo di segni o altri indizi di falsità, in quanto la normativa vigente, ed in particolare la normativa antiriciclaggio ex art. 19, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 231 del 2007 stabilisce modalità tipiche con cui gli istituti di credito devono identificare la clientela e non prevede il ricorso ad ogni possibile mezzo, né alcuna indagine presso il Comune di nascita (Cass., n. 3649/2021; Cass., n. 6356/2022). L’identificazione dei soggetti nelle operazioni deve avvenire attraverso modalità che possono considerarsi esigibili avendo riguardo al parametro dell’accorto banchiere (considerando cioè la specificità della «natura dell’attività esercitata» dal debitore, a mente dell’art. 1176, comma 2, c.c.). In un quadro connotato dall’assenza di un sistema informatizzato che renda possibile la verifica in tempo reale dell’autenticità del documento di identità esibito dall’interessato (tale è, oggi, il sistema di prevenzione del furto di identità, previsto dall’art. 30 ter d.lgs. n. 141/2010, in uso solo da alcuni anni). Deve, pertanto, negarsi che l’incaricato della banca cui sia esibito un documento non recante tracce di alterazione sia tenuto a operare complesse verifiche (cfr., per tutte, specificamente, Cass., n. 3649/2021; Cass., n. 16781/2022) quali «scambio di comunicazioni con le Autorità che risultano emittenti il documento […..] al quale andava richiesto un riscontro dei numeri della carta d’identità, ed all’amministrazione delle finanze in ordine alla verifica dell’autenticità del codice fiscale e quindi della sua corrispondenza ad una posizione anagrafica- tributaria» che si rivelerebbero, oltretutto, non coerenti con le esigenze dei traffici e ben più ampie rispetto a quanto previsto dalla normativa esistente anche a fini diversi (l. su c.d. antiriciclaggio). Tra i parametri di valutazione della diligenza dell’intermediario non rientra la raccomandazione, contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001 indirizzata agli associati, che segnala l’opportunità per la banca negoziatrice dell’assegno di traenza di richiedere due documenti d’identità muniti di fotografia al presentatore del titolo, perché a tale prescrizione non può essere riconosciuta alcuna portata precettiva, e tale regola prudenziale di condotta non si rinviene negli standard valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili dall’ordinamento positivo, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale (Cass., n. 34107/2019).”
“Deve ribadirsi il principio per cui la spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola d’intrasferibilità, costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l’affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl’interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore (Cass. Sez. U. 26 maggio 2020, n. 9769; in senso conforme, Cass. 16 novembre 2020, n.25873)”
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