Assicurazione incendi – compensatio lucri cum damno – operatività

Cassazione – terza sezione civile – relatore Ambrosi ordinanza n. 9003 del 30/3/2023

Correttamente viene defalcata dal risarcimento di un danno chiesto al terzo responsabile di un incendio la somma percepita dal danneggiato dal proprio istituto assicuratore e ciò anche quando l’assicuratore per inerzia non abbia esercitato la rivalsa verso il terzo responsabile.

“La perdita del diritto verso il terzo responsabile da parte dell’assicurato e l’acquisto da parte dell’assicuratore sono – come è stato rilevato in dottrina – effetti interdipendenti e contemporanei basati sul medesimo fatto giuridico previsto dalla legge: il pagamento dell’indennità assicurativa. Questa interpretazione è confermata dall’analisi dell’art. 1203 cod. civ., il quale, attraverso l’ampio rinvio del n. 5 («negli altri casi stabiliti dalla legge»), è suscettibile di comprendere nell’ambito della surrogazione legale, operante di diritto, anche questa peculiare di soluzione maggiormente in linea con la ratio della surrogazione dell’assicuratore, essendo ragionevole ritenere che, attraverso l’automaticità, il legislatore, in ossequio al principio indennitario, abbia voluto impedire proprio la possibilità per l’assicurato danneggiato, una volta ricevuto l’indennizzo dall’assicuratore, di agire per l’intero nei confronti del terzo responsabile; laddove questo principio verrebbe incrinato se l’inerzia dell’assicuratore bastasse a determinare la permanenza, nell’assicurato indennizzato, della titolarità del credito di risarcimento nei confronti del terzo anche per la parte corrispondente alla riscossa indennità, consentendogli di reclamare un risarcimento superiore al danno effettivamente sofferto. Dunque, poiché nel sistema dell’art. 1916 cod. civ. è con il pagamento dell’indennità assicurativa che i diritti contro il terzo si trasferiscono, ope legis, all’assicuratore, deve escludersi un ritrasferimento o un rimbalzo di tali diritti all’assicurato per il solo fatto che l’assicuratore si astenga dall’esercitarli» (cfr. test. in motivazione, punto 6, pag. 34, Cass. Sez. U. n. 12565 del 2018).”