– Criteri per la liquidazione
Cassazione – terza sezione civile – relatore Rubino – sentenza n. 6450 del 3/3/2023
“Nell’effettuare la quantificazione del danno non patrimoniale, la corte d’appello non si è attenuta al corretto procedimento, più volte già tracciato da questa Corte (Cass. 25164/2020), secondo il quale il giudice di merito deve: 1) accertare l’esistenza, nel singolo caso di specie, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale e del danno morale; 2) in caso di positivo accertamento dell’esistenza (anche) di quest’ultimo, determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano, che prevedevano, fino al giugno dello scorso anno, la liquidazione congiunta di entrambe le voci di danno; 3) in caso di negativo accertamento, e di conseguente esclusione della componente morale del danno (accertamento da condurre caso per caso), considerare la sola voce del danno biologico, liquidando, conseguentemente, il solo danno dinamicorelazionale; 4) in caso di positivo accertamento dei presupposti per la cd. personalizzazione del danno alla salute, in relazione a circostanze eccezionali e specifiche del caso concreto, procedere all’aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico.
Il danno biologico riportato dal ricorrente deve quindi essere rideterminato nel modo seguente: è bene vero che il ricorrente è completamente guarito, e quindi non ha riportato un danno biologico permanente; l’inabilità totale, però, non è limitata ai sette giorni di ricovero ma deve rapportarsi all’intero arco di tempo tra la diagnosi della malattia (8 luglio 2006) e la successiva data di inizio della terapia, caratterizzata prima dal ricovero e poi dalla attesa del malato, puntellata dalla sottoposizione ad esami funzionalizzata alla individuazione della terapia più adeguata per il paziente, considerate le sue condizioni complessive di salute legate agli esiti di un complesso intervento di chirurgia toracica(10.10.2006). Del pari, la durata del trattamento farmacologico praticato per il trattamento in fase acuta della epatite C, che ne ha consentito la completa remissione, e durante la quale il paziente era in condizioni di inabilità parziale deve stimarsi, sulla base della documentazione medica in atti, non in soli 40 giorni, come ritenuto dalla sentenza impugnata, ma nella misura più ampia di sei mesi, ritenuta congrua dalla letteratura scientifica riportata nella ctu per il superamento della malattia.”
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