Legittimazione processuale dell’amministratore condominiale – Azioni reali nei confronti dei terzi – Natura non conservativa ma dispositiva – Delibere assembleari – criteri interpretativi –

Cassazione – seconda sezione civile – relatore Trapuzzano – ordinanza n. 37739 del 23/12/2022

Le azioni reali nei confronti dei terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio, tendono ad ottenere statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti medesimi e, pertanto, esulando dall’ambito degli atti meramente conservativi, non possono essere proposte dall’amministratore del condominio. Infatti, mentre, secondo l’art. 1131, secondo comma, c.c., la legittimazione passiva è attribuita all’amministratore con riferimento a qualsiasi azione concernente le parti comuni, per converso, l’art. 1130, n. 4, c.c. ne limita la legittimazione attiva agli atti conservativi delle parti comuni dell’edificio, come confermato da quelle norme (come, ad esempio, l’art. 460 c.c.) che, nel menzionare gli atti conservativi, escludono che fra di essi siano comprese le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni cui gli atti stessi si riferiscono. Pertanto, non rientra fra le attribuzioni dell’amministratore l’azione di natura reale con cui i condomini di un edificio chiedano l’accertamento della contitolarità della proprietà di un cespite, risultante dal regolamento redatto dal costruttore-venditore (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3044 del 06/02/2009; Sez. 2, Sentenza n. 23065 del 30/10/2009; Sez. 2, Sentenza n. 24764 del 24/11/2005)”.

“le deliberazioni dell’assemblea del Condominio devono essere interpretate secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 e ss. c.c., privilegiando, anzitutto, l’elemento letterale e, nel caso in cui tale elemento risulti insufficiente, gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge, tra cui quelli afferenti alla valutazione del comportamento delle parti e alla conservazione degli effetti dell’atto, che impongono all’interprete di attribuire alle espressioni letterali usate un qualche effetto giuridicamente rilevante, anziché nessun effetto o un significato meramente programmatico (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 28763 del 30/11/2017; Sez. 2, Sentenza n. 4501 del 28/02/2006).”

 

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