Mala gestio propria e impropria – Differenze di nome e sostanziali

 

Cassazione – terza sezione civile – Rel. Rossetti – ordinanza n. 24893 del 21/8/2023

 

La mora debendi dell’assicuratore della r.c.a. nei confronti del terzo danneggiato è spesso designata nella prassi forense e giudiziaria “mala gestio impropria”: ma deve essere ben chiaro che questa espressione è puramente convenzionale e, essa sì, “impropria”.

Infatti una “cattiva gestione” degli interessi altrui è concepibile unicamente nel rapporto tra assicurato ed assicuratore. Solo nell’ambito di questo rapporto è ipotizzabile una condotta colposa consistente nella malaccorta gestione degli interessi altrui.

Per questa ragione nel rapporto tra assicurato ed assicuratore mora e mala gestio sono concetti non coincidenti: la mora è l’effetto dell’inadempimento d’una obbligazione di dare; la mala gestio è invece l’inadempimento di una obbligazione di fare (la cura degli interessi dell’assicurato).

L’assicuratore che incorra nella mala gestio degli interessi dell’assicurato potrà essere tenuto al pagamento di somme eccedenti il massimale non solo a titolo di interessi, ma anche a titolo di capitale (l’esempio di scuola è quello dell’assicuratore che, rifiutando per colpa una vantaggiosa proposta transattiva avanzata dal danneggiato e contenuta nei limiti del massimale, finisca per lasciare l’assicurato, all’esito del giudizio, esposto alla pretesa del danneggiato per l’eccedenza del credito risarcitorio rispetto al limite del massimale).

2.2. Nel rapporto tra assicuratore della r.c.a. e danneggiato, per contro, l’assicuratore assume la veste di debitore, non di mandatario o gestore di affari altrui.

Pertanto la mora dell’assicuratore nell’ambito di tale rapporto non potrà mai comportare altre conseguenze che quelle di cui all’art. 1224 c.c.: e cioè l’obbligo di pagamento di somme eccedenti il massimale a titolo di interessi o maggior danno ex art. 1224 c.c., ma mai a titolo di capitale (principio, quest’ultimo, che questa Corte viene ripetendo ormai da vent’anni: così già, con grande chiarezza, Sez. 3, Sentenza n. 10725 del 08/07/2003, nella cui motivazione si afferma che la responsabilità dell’assicuratore in mora nei confronti del danneggiato “ritrae disciplina e contenuto dall’art. 1224 cod. civ., perché è obbligazione da ritardo nell’adempimento di una obbligazione pecuniaria e dunque da un lato trova il suo unico presupposto nella mora, dall’altro richiede la prova, quanto al danno, solo per la parte che eccede gli interessi di mora”) (da ultimo, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8676 del 17.3.2022).

La conseguenza è che il terzo danneggiato il quale intenda ottenere la condanna dell’assicuratore al pagamento del danno da mora (art. 1224 c.c.) non ha da formulare altra domanda che quella di pagamento degli interessi o del maggior danno ex art. 1224, secondo comma, c.c., eventualmente sotto forma di rivalutazione monetaria.