Prova – Motivi di ricorso in Cassazione

Cassazione –terza sezione civile – Relatore Gianniti  – ordinanza n. 37382 del 21/12/2022

«Il giudice di merito nell’esprimere in sentenza il risultato della prova, è chiamato a selezionare da ogni elemento o mezzo di prova, ritualmente assunto, uno specifico contenuto informativo che, alla luce delle informazioni desunte dagli altri elementi e mezzi disponibili, utilizzerà nel comporre il ragionamento probatorio, in cui si articola la decisione. Orbene, è indubbio che l’attività di selezione di un dato informativo tra tutti i dati informativi astrattamente desumibili da un elemento o da un mezzo di prova, in quanto espressione del prudente apprezzamento del giudice di merito, è attività riconducibile in via esclusiva al sindacato del giudice di merito ed è estranea al sindacato della Corte di legittimità, con la conseguenza che non è denunciabile come vizio della decisione di merito. Parimenti indubbio è che la parte interessata non può più, una volta esaurito il corso dei giudizi di merito, ridiscutere in sede di legittimità le modalità attraverso le quali il giudice di merito ha valutato, dopo averlo selezionato, il materiale probatorio ai fini della ricostruzione dei fatti di causa. Tuttavia, in sede di legittimità, la parte interessata – oltre a poter denunciare l’omesso esame (da parte del giudice di merito) di specifici fatti (di ordine principale o secondario e comunque di carattere decisivo), che siano stati oggetto di contraddittorio processuale -può denunciare l’inesistenza di una informazione probatoria, che, proprio perché inesistente, illegittimamente è stata posta a fondamento della decisione di merito. La verifica di tale inesistenza (la verifica, cioè, dell’inesistenza di una qualsivoglia, reale connessione giuridicamente significativa del singolo dato probatorio, ritenuto in concreto decisivo, con l’elemento o con il mezzo di prova dal quale il giudice ha inteso ricavarlo) si risolve in una operazione di raffronto tra l’elemento o il mezzo di prova utilizzato e il dato probatorio da esso desunto e, pur risentendo in ogni singolo caso della natura della prova in concreto acquisita (se libera o legale, dichiarativa o documentale, ecc.), non può rimanere estraneo al giudizio di legittimità. Il punto è che l’errore di percezione della prova esclude in radice, sul piano processuale, la stessa “esistenza” di un giudizio (tanto è vero che deve essere rilevato, qualora non abbia costituito “punto controverso”, dallo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza: cfr. art. 398 primo comma c.p.c.), mentre l’errore di valutazione della prova dà luogo ad un giudizio errato, che deve essere denunciato al giudice dell’impugnazione (sempre che la relativa disciplina lo consenta). Osserva, pertanto, il Collegio, in conformità con quanto anche di recente affermato da questa stessa Corte (il riferimento è alla sentenza ed alle ordinanze sopra richiamate), che i dati informativi riferibili a fonti mai dedotte in giudizio dalle parti (un testimone che non è mai stato dedotto o, pur essendolo stato, non è stato mai sentito; un documento che non è mai stato richiamato o che, pur essendo stato richiamato, non è mai stato prodotto, ecc.), ovvero i dati informativi che si riferiscono a fonti appartenenti al processo

(uno specifico documento, in concreto ritualmente depositato; un determinato testimone, in concreto regolarmente escusso, ecc.), ma che si sostanziano nell’elaborazione di contenuti informativi che non si lasciano in alcun modo ricondurre, neppure in via indiretta o mediata, alla fonte alla quale il giudice di merito ha viceversa inteso riferirle, non possono essere legittimamente posti a fondamento di una decisione di merito. Se ciò avviene, va riconosciuta alla parte interessata, una volta esaurito il corso dei giudizi di merito, la possibilità di farne denuncia a questa Corte. Diversamente opinando, in sede di legittimità, del tutto paradossalmente, sarebbe non censurabile la sentenza del giudice di merito che abbia utilizzato informazioni probatorie che non esistono nel processo: una simile decisione, infatti, sfuggirebbe all’ambito di applicabilità sia dell’art. 360 n. 5 c.p.c. (trattandosi di fatti il cui esame non fu omesso) che dell’art. 395 n. 4 c.p.c. (trattandosi di fatti su cui il giudice di merito si è espressamente pronunciato). Resta inteso che la violazione di legge, consistita nell’avvenuta illegittima decisione della causa sulla base di prove inesistenti (art. 115 c.p.c.), è deducibile sempre che la parte interessata abbia assolto ad un duplice onere: quello di prospettare, sul piano argomentativo, l’assoluta impossibilità logica di ricavare dagli elementi probatori acquisiti al giudizio i contenuti informativi che da essi il giudice di merito ha ritenuto di poter trarre; nonché quello di specificare in che modo la sottrazione al giudizio di detti contenuti informativi (illegittimamente utilizzati dal giudice) si converta in un percorso argomentativo destinato a condurre ad una decisione a sé necessariamente favorevole. Il che si traduce nella più volte ribadita necessità che l’errore commesso dal giudice di merito nella percezione della prova sia stato decisivo, cioè un errore in assenza del quale la decisione del giudice di merito sarebbe stata diversa, non già in termini di mera probabilità, ma in termini di assoluta certezza. ”

 

 

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