Ricorso in cassazione
Cassazione – terza sezione civile – Rel. Graziosi – ordinanza n. 18346 del 27/6/2023
Riepilogo dei criteri per “l’esposizione sommaria dei fatti” nel ricorso per Cassazione
“In primo luogo si rileva che il ricorso patisce una evidente inammissibilità per la presenza di vari assemblaggi e comunque di inserimenti direttamente fattuali, tant’è che la “Parte prima” si estende da pagina 2 a pagina 43 e nella “Parte seconda” la premessa si protrae al punto che, alla fine, i tre motivi occupano soltanto le pagine 53-59 del ricorso. In ordine a questo sistema di redigere il ricorso, che lo rende in sostanza un elenco degli atti precedenti che integralmente riporta, e che è, appunto, usualmente definito assemblaggio, si sono pronunciate le Sezioni Unite con la sentenza 11 aprile 2012 n. 5698, affermando che per il requisito di cui all’articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c. “la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso”. Su questa linea si è poi consolidata una folta giurisprudenza delle sezioni semplici nel senso della inammissibilità quale conseguenza dell’assemblaggio, inteso questo come plurime trascrizioni di atti interi nel ricorso, che così non adempie al proprio onere espositivo in modo corretto, sciorinando invece atti precedenti al giudice di legittimità come se quest’ultimo fosse tenuto a leggerli tutti completamente (v. Cass. sez. L, 9 ottobre 2012 n. 17168; Cass. sez. 6-3, ord. 11 gennaio 2013 n. 593; Cass. sez. 6-5, ord. 2 maggio 2013 n. 10244; Cass. sez. 6-5, ord. 9 luglio 2013 n. 17002; Cass. sez. 6-5, ord. 22 novembre 2013 n. 26277; Cass. sez. 6-3, 22 febbraio 2016 n. 3385 – la quale correttamente precisa che il difetto del requisito dell’esposizione sommaria consistente nell’assemblaggio non può essere recuperato estrapolando dai motivi stessi quel che avrebbe dovuto essere il contenuto della esposizione sommaria -, Cass. sez. L, ord. 25 novembre 2020 n. 26837). È insorto, tuttavia, pure un minoritario orientamento solo parzialmente conforme, che entro certi limiti applica un principio conservativo, escludendo l’inammissibilità nel caso in cui, ricondotto alla sinteticità espungendo le integrali trascrizioni, il ricorso resti autosufficiente (si vedano Cass. sez. 5, 18 settembre 2015 n. 18363, Cass. sez. 5, 4 aprile 2018 n. 8245), o comunque valorizzando in senso sanatorio, sia per quanto concerne l’assemblaggio sia per quanto concerne l’assenza comunque di un’adeguata premessa anche per diversa ragione, il contenuto dei motivi stessi (v. Cass. sez. 3, 28 giugno 2018 n. 17036, per cui per integrare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa non occorre che tale esposizione sia una parte a sé stante del ricorso, essendo sufficiente che emerga “in maniera chiara dal contesto dell’atto, attraverso lo svolgimento dei motivi”; interpretazione, quest’ultima, che trova peraltro barriera in S.U. 22 maggio 2014 n. 11308 – “Il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso per cassazione.” – e nei seguenti conformi arresti – tra i massimati: Cass. sez. 2, 24 aprile 2018 n. 10072, Cass. sez. 6-2, ord. 12 marzo 2020 n. 7025 e Cass. sez. 1, ord. 1 marzo 2022 n. 6611). Invero, la lettura maggioritaria – che, si ripete, trova sostegno nell’interpretazione delle Sezioni Unite – è pienamente condivisibile, in quanto non è compito del giudice “correggere” la conformazione inammissibile degli atti – ovvero, nella fattispecie, ricondurre ad un artificioso e non reale tamquam non essent le trascrizioni integrali dandole per espunte -, per cui le trascrizioni devono essere tenute in conto come presenti nel ricorso e non possono pertanto renderlo compatibile con la concisione che esige il requisito di cui all’articolo 366 primo comma, n.3 c.p.c. E quindi, come nel caso in esame, quel che è un vero e proprio assemblaggio non trae alcun correttivo dall’inserimento di alcuni passaggi fra l’una e l’altra riproduzione, il cui inadeguato contenuto puramente fattuale d’altronde si è già rimarcato.”