Vendita – consumatori – Vizi del bene venduto – Onere della prova e rimedi

Cassazione – terza sezione civile – Rel dott.ssa Gorgoni – ordinanza n. 32514 del 22/11/2023

 

“Il sistema di tutele dell’acquirente di beni mobili di consumo è incentrato su due livelli: il primo opera sul piano dei rimedi in forma specifica, diretti al conseguimento del ripristino della conformità del bene e consistenti nella riparazione e nella sostituzione del bene non conforme; il secondo è costituito dalle azioni edilizie, di risoluzione del contratto e di riduzione del prezzo;

detti livelli sono in rapporto volutamente gerarchico e procedimentalizzato, dovendo il consumatore domandare il ripristino della conformità e solo in via subordinata la risoluzione o la riduzione del prezzo, perché in tal modo il legislatore ha inteso privilegiare l’ottica manutentiva del contratto in vista del soddisfacimento dell’interesse del consumatore a conseguire un bene dotato delle caratteristiche e delle qualità legittimamente attese, contemperandolo in un’ottica di equilibrio con il diritto del venditore a non vedersi imposto un obbligo ripristinatorio ove esso lo esponga ad un costo eccessivo il passaggio dal rimedio ripristinatorio a quello ablativo totale o parziale del contratto opera nelle ipotesi di cui all’art. 130, comma 7, del codice del consumo, nel caso di mancata o inesatta elimina-zione delle difformità;

nella disciplina consumeristica il legislatore ha distinto rimedi primari e rimedi secondari ed ha imposto al consumatore di attenersi a tale gerarchizzazione, lasciandolo libero di scegliere il rimedio per lui più conveniente, una volta rispettato l’ordine dei rimedi in via progressiva; il consumatore può chiedere “in un primo momento la sostituzione ovvero la riparazione del bene, e solo qualora ciò non sia possibile, ovvero sia manifestamente oneroso, è legittimato ad avvalersi dei cd. rimedi secondari, che non sono altro che la riproposizione in materia consumeristica delle tradizionali azioni edilizie” (Cass. 03/06/2020, n. 10453);

in linea di principio, è il consumatore ad essere gravato dall’onere di provare che nel bene ricevuto in consegna è presente e si è manifestato, entro i due anni successivi alla consegna stessa, un difet-to di conformità e che questo difetto sussisteva sin dal momento in cui il bene gli era stato consegnato”, pur riconoscendo la sussistenza, ai sensi dell’art. 132, terzo comma, cod. cons. (in base al testo vigente ratione temporis), di un onere agevolato, per il quale il consumatore è assistito dalla c.d. presunzione legale relativa di preesistenza del difetto, in forza della quale si presume che qual-siasi difetto di conformità che si manifesta entro sei mesi dal momento in cui il bene è stato consegnato esistesse già a tale data, a meno che siffatta ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità” (Cass. 4/07/2022, n. 21084);

nondimeno – chiarisce questa Corte – il difetto di conformità deve essere allegato e dimostrato, cioè è necessario che “il consumatore quantomeno alleghi e provi il fatto da cui possa desumersi il difetto di conformità” , come, del resto, riconosce la Corte di Giustizia UE 4 giugno 2015, in causa C-497/13, Froukje Faber c. Autobedrijf Hazet Ochten BV (così Cass. n. 21084/2022, cit.);